Come è stato ben possibile notare dagli avvenimenti del Medioriente, certi passaggi geografici possono intensificare le tensioni sui mercati. Abbiamo a lungo parlato in diversi articoli dello stretto di Hormuz. Quest’ultimo non è però l’unico nel mondo, anzi, ce ne sono diversi e anche di maggior peso.
Il trasporto del petrolio avviene principalmente via mare, rendendo alcuni stretti e canali fondamentali per l’economia globale. Questi passaggi, però, sono anche punti critici soggetti a rischi geopolitici, congestioni e interruzioni. In questo articolo, analizziamo i principali colli di bottiglia mondiali, inserendo volumi di passaggio e pericoli associati.

Mappa schematica con indicati i posizionamenti geografici dei maggiori “colli di bottiglia”.
1. Stretto di Hormuz (Iran – Oman)
Volume giornaliero: ~21 milioni di barili (circa il 20% del petrolio mondiale).
Rischi geopolitici: Controllato dall’Iran e dall’Oman, è un’area di tensione in cui si sono spesso inseriti gli USA e, per necessità di transito delle proprie merci, gli Stati del Golfo. Blocchi o attacchi qui avrebbero un impatto devastante sui mercati energetici. Basti pensare che solo il rischio di interruzione o limitazione di passaggio aveva portato il prezzo del petrolio con una crescita oltre il 12% nel breve termine.
2. Stretto di Malacca (Singapore – Malesia – Indonesia)
Volume giornaliero: ~16 milioni di barili (circa 15%).
Rischi geopolitici: stiamo parlando infatti della rotta marittima più breve tra Medio Oriente e Asia sud-orientale, quindi non altro che il canale di comunicazione tra i produttori di petrolio e i maggiori consumatori adesso ed in prospettiva. Parliamo di consumatori come Cina e Indonesia primi fra tutti, ma anche Giappone e Corea del Sud.
Nel link allegato ci sono interessanti riferimenti allo sviluppo di questo stretto nel tempo. Tra l’altro questi due ultimi paesi sono infatti grandi importatori di GNL, il cui grande fornitore su scala mondiale è il Qatar.
Se consideriamo le continue tensioni tra Cina e USA, l’avvicinamento delle Filippine agli USA e dell’Indonesia ai BRICS, il punto rimane, anch’esso, molto sensibile.
3. Canale di Suez (Egitto)
Volume giornaliero: ~5-6 milioni di barili (circa 5%).
Rischi geopolitici: Chiusure temporanee, come successo nel 2021 con l’incagliamento della grande portacontainers Ever Green, possono portare ad un’esplosione dei prezzi sul breve termine. Soprattutto per gli importatori che sfruttano quel passaggio, cioè l’Europa. Un blocco del stretto comporta nel migliore dei casi l’attesa dello sblocco e, nel peggiore, la necessità di circumnavigare l’Africa. Rischi a livello geopolitico appaiono lontani rispetto ad altri punti, ma la zona mediorientale non è, purtroppo, esente da grandi stravolgimenti di rapido avvenimento.
4. Stretto del Bosforo (Turchia)
Volume giornaliero: ~3 milioni di barili (circa 3%).
Rischi geopolitici: L’accesso al Mar Nero è determinato solo da questo passaggio. Su questo mare si affacciano la Bulgaria, la Romania, l’Ucraina, la Russia occidentale-meridionale, la Georgia e il nord della Turchia. All’interno della lista precedente ci sono grandi esportatori di grano (Ucraina e Russia) e di petrolio (Russia). Nel caso di dispute territoriali o politiche la Turchia può chiuderlo, come già minacciato in passato.
5. Bab el-Mandeb (Corno d’Africa – Yemen)
Volume giornaliero: ~5-6 milioni di barili (circa 5%).
Rischi geopolitici: l’esplosione del conflitto Israelo-palestenise ha portato lo Yemen, con gli Houthi che hanno attaccato alcune navi di passaggio, a creare tensioni nell’area. Incrementando i costi di trasporto dovuti al rischio dello stesso e la scelta magari di dirigere oltre il capo di Buona Speranza.
6. Canale di Panama (Centro America)
Volume giornaliero: ~0,8 milioni di barili (circa 1%).
Rischi geopolitici: Siccità e limiti di capacità riducono l’efficienza, mentre tensioni regionali potrebbero influenzare i traffici. La recente discussione, indiretta, tra USA e Cina con l’allargamento di quest’ultima nell’acquisto di alcune zone strategiche ha indotto gli Stati Uniti a minacciare un intervento militare per scongiurare il rischio di non averne il controllo.
7. Capo di Buona Speranza (Sudafrica)
Volume giornaliero: ~2-3 milioni di barili (circa 2%).
Rischi geopolitici: Rotta più lunga e costosa, ma evita i rischi del Medio Oriente. Teoricamente meno esposta a rischi di trasporto, ma comunque non immune agli attacchi di pirateria.
Conclusioni
Oltre il 60% del petrolio mondiale viaggia via mare, passando attraverso questi stretti. Una chiusura improvvisa di uno di essi potrebbe far schizzare i prezzi dell’energia e innescare crisi economiche.
La geopolitica degli stretti marittimi è un fattore chiave per la stabilità energetica. Investitori e governi devono monitorare queste aree per anticipare shock nei mercati.
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